Ho la sensazione che a volte qualcuno della Lega voglia per forza seguire un copione anziché contare fino a tre prima di dire qualcosa, quantificando i pro e i contro. Ho anche la sensazione che qualche leghista pensi di essere come Matteo Salvini, pertanto autorizzandosi a esprimere pareri forti, pur di acchiappare consenso attorno alla propria figura, dimenticando però che dietro al leader c’è un team di comunicazione che, piaccia o non piaccia, misura le uscite, anche quelle più forti. Da qui il patatrac e l’effetto boomerang con tanto di probabile e necessario intervento del proprio partito.
Due casi, entrambi inerenti alla vicenda di Silvia Romano, contro cui, dal giorno in cui è atterrata a Ciampino in veste islamica, si è scatenata un’orda barbarica, generando insulti a dir poco vergognosi. Ne ho scritto qui.
Cominciamo dal più fresco. Alessandro Pagano, deputato della Lega di San Cataldo (Caltanissetta, Sicilia), ha definito la cooperante una «neo terrorista», dando così conto a una ‘tesi’ secondo cui la ragazza non sia una vittima bensì un’alleata dei terroristi che l’hanno rapita e pronta a chissà quali attentati. Un epiteto che, naturalmente, ha suscitato le dure reazioni della maggioranza ma anche della vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, che ha bollato «improprio» e «innaccettabile» quanto detto dal leghista.
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