Dalle tragedie bisogna trarre lezioni affinché non possano riaccadere. Figuriamoci, se non occorre fare il tutto possibile per evitare che una pandemia come quella attuale si ripeta in futuro. Ebbene, sembra che a Wuhan, la città cinese di cui non dimenticheremo mai il più nome, stiano imparando dagli errori commessi.
Lì, infatti, è stato vietato il consumo di animali selvatici, una pratica che, secondo molti, potrebbe essere all’origine della diffusione del SARS-CoV-2 prima in Cina e poi nel resto del mondo. Si tratta di una legge che è entrata in vigore mercoledì scorso, 13 maggio, come riportato dal Daily Mail, e ha una data di scadenza: cinque anni (magari, con la speranza che qualcuno, in questo modo possa rinunciare in maniera definitiva a seguire un’alimentazione risultata dannosa).
Facendo un passo indietro, nel gennaio scorso gli esperti in Cina dissero che il virus, molto probabilmente, era finito negli esseri umani tramite gli animali selvatici venduti come cibo nel mercato di quella città con 11 milioni di abitanti, ovvero il Huanan Seafood Wholesale Market, chiuso il 1° gennaio. Lì si vendevano non solo frutti di mare ma anche animali selvatici vivi, come volpi, coccodrilli, cuccioli di lupo, salamandre giganti, serpenti, ratti, pavoni, istrici, koala, pipistrelli…
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